Dopo la seconda guerra mondiale, un industriale decise di convertire i macchinari fino a quel momento utilizzati per la fusione delle bombe in apparati per la produzione di caschi asciugacapelli per i saloni di bellezza. Le sofisticate tecnologie della guerra si trasformarono così in dispositivi per il perfezionamento del “corpo” come concetto socialmente e culturalmente determinato. Nello stesso momento storico l’arena politica iniziava a parlare di genere, di un’identità sessuale non più naturale, ma piuttosto artificialmente costruibile e, di conseguenza, mercificabile.
Nel 1971 un gruppo di lesbiche armate di salami attaccarono il Professor Jérôme Lejeune mentre teneva una conferenza contro l’aborto. L’evento segnò la nascita del “Commando Saucisson” (commando salame), attorno al quale si sarebbe riunito poco più tardi il Front Homosexuel d’Action Révolutionnaire. Nella protesta, i salami diventavano una parodia degli strumenti tradizionali della politica: i manganelli della polizia e i falli del patriarcato.
Qualche anno fa, un artista ha prodotto “Asstral Traveler”, un butt plug in coprolite: guano fossilizzato di dinosauro risalente a 140 milioni di anni fa. L’uso di questo oggetto, una tecnologia pensata per la produzione di piacere tramite la stimolazione anale, consente l’apertura di un varco spazio-temporale. L’ano che ospita il plug diventa un organo post-identitario, trascendendo non solo la distinzione tra identità sessuali, ma anche la divisione tra umano e non umano, organico e inorganico, presente e futuro.
Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment è il nuovo progetto espositivo di Artissima che porta la fiera in città negli spazi di Jana, boutique di moda di Via Maria Vittoria e storico punto di riferimento per artisti, scrittori e protagonisti della cultura. La mostra – nata da un’idea di Ilaria Bonacossa e curata da Lucrezia Calabrò Visconti e Guido Costa – è incentrata sul tema del desiderio, in linea con il fil rouge di questa edizione della fiera. Sospeso tra azione pirata e mostra, il progetto include fotografie, video, sculture, opere su tela o carta e oggetti in prestito dalle gallerie che partecipano ad Artissima.
Attraverso un intreccio di narrazioni minori, storiche e contemporanee, Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment suggerisce alleanze inattese tra corpi, oggetti, macchinari e concetti per disarmare le rappresentazioni tradizionali del desiderio. La mostra raccoglie strumenti imprevisti, dispositivi ibridi e tecnologie devianti, proponendo una prospettiva trasversale tra virtualità e materialità, secondo la quale tutto ciò che ci circonda può venire ripensato come equipaggiamento, arma al servizio della definizione di nuove mitologie.
Mutuando il titolo dell’omonimo saggio di Luciana Parisi, la mostra Abstract Sex opera in un contesto in cui la nostra soggettività è solo una delle forze che attraversano il corpo, piattaforma porosa di scambio di informazioni a livello batterico, informatico e mediatico, dove le politiche microscopiche delle biotecnologie incontrano le macro-politiche del sistema socio-culturale ed economico in cui viviamo. In un’epoca storica in cui la definizione stessa di “essere umano” è sempre più negoziabile, Abstract Sex suggerisce temi come la disidentificazione, la post-pornografia, l’opacità e l’ibridazione come possibili ambiti di produzione di autonomia.
Nelle parole dei curatori: “Se le esperienze radicali degli anni Settanta invocavano le strategie emancipatorie e rivoluzionarie del desiderio come possibilità di fuga dagli apparati di controllo capitalistici, la ‘società libidinale’ contemporanea ha integrato completamente termini come piacere, sesso e amore in quello che è stato definito da Paul B. Preciado un ‘regime farmacopornografico’. Addomesticato dalle infrastrutture politiche e finanziarie del neoliberismo 2.0, il desiderio si traduce in una spinta indirizzata verso oggetti di consumo e stili di vita normalizzati, suggeriti online da strutture algoritmiche. A causa della pervasività delle nuove tecnologie, tali spinte si confrontano con un concetto di corpo dilatato e dai confini instabili, in cui la simulazione dell’esperienza reale soppianta sempre più spesso l’azione nella realtà, con conseguenze politiche ambivalenti. Ad esempio, se da un lato il cybersex ha finalmente liberato il piacere femminile dalle funzioni riproduttive, dall’altro ha determinato il trionfo dell’economia del piacere immateriale di stampo patriarcale. Che tipo di strategie e alleati esistono per riappropriarsi del desiderio, emancipandolo dalle dicotomie e dai valori imposti dal tecno-patriarcato?”.
Iván Argote, Vermehlo, San Paolo; Josefin Arnell, Lily Robert, Parigi; Marcel Bascoulard, Christophe Gaillard, Parigi; Benni Bosetto, Ada, Roma; Candice Breitz, KOW Berlin, Madrid; Simon Fujiwara, Dvir, Tel Aviv, Bruxelles; Thomas Hämen, Issues, Stoccolma; Barbara Hammer, Kow, Berlino, Madrid; Corrado Levi, Ribot, Milano; Sidsel Meineche Hansen, Rodeo, Londra, Pireo; Jacopo Miliani, Rosa Santos, Valencia; Athena Papadopoulos, Emalin, Londra; Joanna Piotrowska, Madragoa, Lisbona; Agnieszka Polska, Georg Kargl, Vienna; Karol Radziszewski, Bwa Warszawa, Varsavia; Steve Reinke, Isabella Bortolozzi, Berlino; Tom of Finland, Espacio Minimo, Madrid; Wu Tsang, Isabella Bortolozzi, Berlino; Anna Uddenberg, Kraupa-Tuskany Zeidler, Berlino; Andra Ursuţa, Massimo De Carlo, Milano, Londra, Hong Kong.
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Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment
Boutique Jana – via Maria Vittoria 45/A
Ingresso gratuito
31 ottobre
10.00 – 21.00
1 novembre
10.00 – 21.00
2 novembre
10.00 – 24.00
3 novembre
10.00 – 18.00
La mostra è vietata ai minori di 18 anni.
Special Project Partner: Kristina Ti
Media Partner: Flash Art