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1 - 3 novembre 2024
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Issue n. 16 | Alessandro Pasotti & Fabrizio Padovani (P420) intervistati da João Laia

8 Ottobre 2018 Artissima Stories

João Laia: P420 è attiva da ormai più di otto anni. Potete dirci come si è sviluppata l’idea della galleria e come avete deciso di aprire uno spazio commerciale nel mezzo di un periodo complesso come la crisi economica degli ultimi anni 2000 e primi 2010?

Alessandro Pasotti & Fabrizio Padovani: Come sai non abbiamo un retroterra artistico, ma scientifico. Siamo entrambi ingegneri laureati a Bologna. Abbiamo scoperto l’arte contemporanea negli anni dell’università quando ci siamo conosciuti, frequentando insieme mostre, fiere d’arte e cominciando a comprare e raccogliere libri e cataloghi soprattutto degli anni ’60 e ’70, il periodo verso il quale sentivamo una particolare attrazione. Siamo anche arrivati ad avviare un’attività di rivendita di questo materiale. Da lì il passo verso le opere è stato breve e nell’arco di qualche anno abbiamo aperto una galleria senza avere nessuna esperienza o nessun aiuto da parte di qualcuno che ci dicesse come fare. Abbiamo seguito la nostra passione.

Se devo dire la verità non ci siamo preoccupati molto della crisi economica in corso. Avevamo piena consapevolezza delle difficoltà di quel momento storico ma i tempi erano semplicemente diventati maturi per noi, avevamo fatto il nostro percorso e quello era il momento di fare il passo. Con o senza crisi economica. Ci sono dei tempi che non si devono perdere. Guardandomi indietro, ho capito da tempo che è stata una fortuna avviare la nostra attività in un periodo di crisi, perché ti mantieni cauto, fai attenzione a tutto e mantieni le aspettative basse.

JL: All’inizio avete puntato su figure storiche, in particolare del periodo tra gli anni ’60 e gli anni ’80, le cui strategie concettuali erano state meno visibili nel periodo più recente. Poco dopo avete iniziato a rappresentare artisti più giovani e ora avete un gruppo eclettico che attraversa varie generazioni. In che modo avete costruito il vostro profilo come galleria? È sempre stato questo il piano, o c’è stata una progressione organica della galleria attraverso gli anni di attività?

AP & FP: Quando abbiamo aperto, era un periodo in cui ci si cominciava a guardare al passato con una certa curiosità e con la percezione che ci fosse qualcosa nei decenni precedenti che ci eravamo lasciati alle spalle con troppa velocità e superficialità e che ora meritava di essere capito meglio, rileggetto, e magari mostrato in maniera nuova. Anche se quasi subito abbiamo inserito nel nostro programma artisti più giovani, la nostra galleria nasce del 2010 con questa intenzione. In pochi anni abbiamo esposto Dadamaino, Richard Nonas, Irma Blank, Paolo Icaro, Franco Vaccari, Antonio Calderara per citarne alcuni. Se non sbaglio Artissima è stata forse la prima fiera a dotarsi, già dal 2010, di una sezione dedicata a quelle che poi tutti hanno cominciato a definire riscoperte. Era, appunto, Back to the future, dove all’inizio abbiamo partecipato con Peter Hutchinson (2011) e Franco Vaccari (2012) e diverse altre volte negli anni successivi. Oggi credo che sia piuttosto chiaro che il programma della nostra galleria è intergenerazionale e che vuole mantenersi equilibratamente tale. L’inserimento di un nuovo artista dipende da moltissimi fattori ma di certo è del tutto indipendente dalla sua età.

JL: Avete regolarmente invitato curatori per sviluppare progetti nella vostra galleria, specialmente curatori indipendenti. Cosa pensate che un curatore possa aggiungere al programma di una galleria?

AP & FP: Hai ragione. Abbiamo cominciato ad invitare curatori indipendenti per proporre e curare mostre in galleria dal 2013. Miriam Schoofs ha curato la personale di Hanne Darboven, Simone Menegoi ha curato Lumpenfotografie, Davide Ferri ha curato più di una mostra, ma anche Antonio Grulli, Chris Sharp, Cecilia Canziani solo per citarne alcuni. Tu stesso hai recentemente curato Foreign Bodies, bi-personale di John Coplans e June Crespo. Come vedi ci siamo sempre riferiti a curatori della nostra generazione e che avessero uno sguardo il più possibile internazionale.

Crediamo che per una galleria commerciale la collaborazione con i curatori sia strategica e importantissima. Prima di tutto il curatore offre un punto di vista diverso dal nostro e quindi sfaccettature nuove al nostro programma e all’uso dei nostri spazi. Non meno importante è uno sguardo attento e aggiornato sul panorama degli artisti e quindi la possibilità concreta di conoscerne dei nuovi e cominciare eventualmente collaborazioni che vanno oltre la semplice mostra. Non ho dubbi sul fatto che ogni volta che abbiamo progettato una mostra insieme a un curatore abbiamo potuto allargare i nostri orizzonti e conoscenze.

JL: Come vedete lo sviluppo di Artissima in questi 25 anni? Quanto è stata importante la fiera per P420 sia a livello nazionale che internazionale e quali pensate siano le principali opportunità che la fiera offre a gallerie, collezionisti, artisti, curatori, istituzioni e media?

AP & FP: Artissima rimane saldamente la principale fiera d’arte italiana, la più importante vetrina internazionale, con una forte spinta verso la contemporaneità ma senza dimenticare lo storicizzato. Per una galleria italiana è una tappa fondamentale. Ricordo in particolare che a ogni edizione della fiera abbiamo conosciuto sempre nuovi importanti collezionisti, del territorio – ce ne sono moltissimi – e non. È una fiera che si caratterizza per la qualità, attenzione e curiosità del pubblico, frutto di un’accurata politica di selezione e gestione sia degli espositori che dei collezionisti. Artissima è il principale evento in Italia per connettere tra loro gallerie, collezionisti, curatori, istituzioni. Chiunque può aggiornarsi, approfondire, incontrare e confrontare. Un’indispensabile e concreta ancora di salvataggio da un mondo sempre più virtualmente social.

Artissima ha sempre più coinvolto curatori italiani e internazionali con l’obiettivo di creare all’interno della fiera sezioni con un format ben preciso ed un focus molto ristretto. Negli ultimi anni sono nate sezioni come Back to the Future e Present Future, che contribuiscono a rendere la fiera un evento osservato con attenzione anche dall’estero.

Per quanto riguarda P420, Artissima è stata la prima fiera internazionale che si è interessata al nostro programma e che ci ha ammesso a partecipare nel 2011, un solo anno dopo l’apertura della galleria. Per noi è stato il primo importante obiettivo raggiunto. Credo sia facile immaginarsi quali grandi vantaggi ci abbia dato in termini di visibilità in Italia ma vorrei aggiungere l’indispensabile ruolo nel permetterci una visibilità anche nei confronti di altre fiere internazionali cui poi abbiamo avuto accesso negli anni seguenti.

JL: Per concludere, c’è qualche storia o episodio particolare a proposito di Artissima o Torino che è rimasto impresso nella vostra memoria e che vorreste condividere con noi?

AP & FP: Rimane viva nei nostri ricordi la telefonata che ricevemmo nel 2011 dall’allora direttore Francesco Manacorda il quale, incuriosito e colpito dal primo anno del nostro programma in galleria, ci invitò a considerare la nuova sezione Back to the Future ed eventualmente a presentare un progetto. Quella telefonata fu ovviamente per noi un forte segnale che la strada che avevamo intrapreso poteva suscitare interessi e fu un’indispensabile iniezione di fiducia per una giovanissima galleria in cerca di attenzioni.

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